Gli strumenti musicali specifici per le donne

Nei passati focus su questo portale abbiamo parlato di come avvicinare adulti e bambini al mondo della musica, ma ci sono situazioni in cui esistono ostacoli del tutto strutturali che impediscono a certe categorie di appassionati di suonare con profitto o di esprimersi al massimo del loro potenziale.

Le donne e la performance sonora

Stiamo parlando delle donne e di alcuni strumenti che se non esattamente a loro preclusi, tendono a essere meno… abbracciati: non parliamo di contrabbassi, bassi tuba o altri casi di equipaggiamento pesante (nonostante le opinioni di certi organi di stampa!) ma proprio della scomodità legata alla progettazione di alcuni di questi oggetti. Uno su tutti? La chitarra!

Il design della sei corde prende in considerazione solo aspiranti Hendrix e Cobain, ma storicamente ha maltrattato le musiciste donne. Cosa grave, siamo dovuti arrivare agli anni ’10 del XXI secolo perché nascesse una liuteria che trasformasse le unicità del fisico femminile in una caratteristica “marketizzabile”: la Daisy Rock Girl Guitars.

Non bisognerebbe nemmeno sottolinearlo, ma le donne hanno braccia più corte, bacini più ampi, dita più sottili. Colpevolmente, è solo anni dopo la nascita della Daisy Rock Girl Guitars che la Ernie Ball, produttrice di chitarre note in tutto il mondo, ha affidato alla rocker Annie Clark, più nota come St. Vincent, la produzione di una linea di strumenti pensati per il fisico femminile. Fino ad allora i grandi nomi del settore avevano sempre nicchiato.

Prima dei nostri giorni, grandi musiciste internazionali da Lucinda Williams a Joan Jett, da Bonnie Raitt fino a Stevie Nicks si sono dovute adattare a strumenti maschili. Ciononostante sono riuscite a imporsi superando questo ostacolo fisico non da poco: a volte anche considerando (ed effettuando) operazioni chirurgiche con realtà importanti come motiva italia pur di non vedere il proprio sogno di celebrità sparire.

L’altra metà del cielo ignorata dalle aziende

Il tempo ha dato loro ragione, ma rimane quantomeno bizzarro che le più importanti aziende del comparto musicale non abbiano preso in considerazione per così tanto tempo che i sessi che calcano i palcoscenici di tutto il mondo sono sempre due.

Non è solo un problema di chitarre: in misura minore anche le bassiste hanno avuto gli stessi problemi: la virtuosa Me’shell Ndegeocello ha dovuto disegnare da sé il proprio Fellowship, prodotto in collaborazione con la Reverend. E in anni non sospetti, ci volle la presa di posizione (letterale!) di Tori Amos per dare visibilità ai problemi delle pianiste donne una volta preso posto davanti agli 88 tasti.

Una nuova generazione avanza

Queste artiste sono, certo, piccole gocce nel mare dei musicisti professionisti, forse stanno finalmente venendo riconosciute per il loro ruolo nell’illuminare queste differenze di trattamento ed è grazie a loro che sono emerse nuove generazioni di artiste il cui percorso è fortunatamente assai meno accidentato. Anche quando si tratta di scegliere il proprio strumento!

rachele